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07 01
Giovanni Francesco Fidone, Avvocato amministrativista

- PREMESSA STORICA.

Dagli albori dell’Italia repubblicana, sino all’inizio del nuovo millennio, i prodotti agroalimentari hanno conosciuto, quale principale canale di commercializzazione, i mercati all’ingrosso.

Ortofrutta, carni e pesce principalmente, ma anche altre tipologie di prodotti agroalimentari, partendo dalle decine di mercati all’ingrosso da cui è popolato il nostro paese, sono finite sulle tavole di tutti gli italiani ed anche oltre confine, attraversando la filiera.

Nel 1959, comprendendo la specificità e le straordinarie potenzialità delle attività svolte all’interno dei mercati agroalimentari, il legislatore decide di “mettere mano” alla delicata materia del commercio all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli, delle carni e dei prodotti ittici.

Nella Terza Legislatura repubblicana, sotto il Governo Segni II, viene approvata la celebre legge n. 125/1959 (per chi opera e vive nel comparto, trattasi di una sorta di “magna carta” del commercio all’ingrosso).

Sono gli anni in cui a presiedere i due dicasteri dell’Agricoltura e dell’Industria e Commercio non vi era “quisque de populo” ma due padri costituenti “illuminati”: Mariano Rumor ed Emilio Colombo.

La legge n. 125/1959 demandava a successivi Decreti Ministeriali, approvati dal Ministero per l’Industria e per il Commercio, di concerto con il Ministero per l’Agricoltura, la regolamentazione delle tre principali tipologie di strutture diffuse sul territorio nazionale: i mercati ortofrutticoli, i mercati delle carni ed i mercati ittici.

L’effetto di questa regolamentazione fu dirompente.

I mercati all’ingrosso di tutto lo stivale diventarono fulcro della commercializzazione di prodotti agroalimentari ed autentica locomotrice dell’economia di interi territori.

E’ il periodo del “boom economico”, con l’Italia che riuscì ad entrare tra le sette grandi potenze industriali del pianeta, ma è pur vero che l’intervento del legislatore, oltre a mettere ordine nel settore, riuscì a dare un’impronta moderna, all’avanguardia per i tempi, ad un comparto precedentemente fondato su meccanismi di commercializzazione vetusti.

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- NORMATIVA VIGENTE.

E’ possibile affermare, senza tema di smentita, che la principale fonte statale di disciplina in materia di mercati all’ingrosso è ancora oggi costituita dalla l. 25 marzo 1959 n. 125, ancorché richiamata dall’art. 1, c. 1 del d.lgs. n. 179 del 2009 -che ne ha dichiarato l’indispensabilità della permanenza in vigore-, dal D.M. 10 giugno 1959 di approvazione dei regolamenti-tipo (ai quali dovevano uniformarsi i singoli regolamenti adottati in sede locale) per i mercati all’ingrosso nei diversi settori merceologici interessati dalla disciplina normativa (rispettivamente il commercio all'ingrosso dei prodotti ittici e delle carni), nonché dal D.M. 10 aprile 1970, con il quale è stato approvato il regolamento-tipo per i mercati all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli.

La legge n. 125/1959 si applica, senz’altro, anche ai mercati gestiti da società inquadrabili nel novero dei soggetti di diritto privato.

A tale conclusione è possibile pervenire mediante l’attenta analisi della legge stessa, la quale si applica genericamente ai mercati all’ingrosso, indipendentemente dalla loro qualificazione.

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- CONSIDERAZIONI SULLA SITUAZIONE ATTUALE.

Gli effetti della globalizzazione hanno investito anche il comparto dei mercati agroalimentari che, da autentici dominatori delle dinamiche commerciali, rivestono ormai un ruolo del tutto residuale.

Si calcola che la percentuale di prodotti nazionali che “passano” dai mercati all’ingrosso prima di arrivare sulle tavole degli italiani, ma anche oltre confine, non raggiunga oggi, molto probabilmente, neppure il 20% del totale della produzione e della commercializzazione.

Sono dati inquietanti, per un comparto che raccoglie migliaia di imprenditori e decine di migliaia di lavoratori.

E’ sin troppo scontato parlare oggi di crisi del settore, con aziende che chiudono i battenti ed interi territori a rischio di desertificazione economica.

In questo quadro, da circa 60 anni, il legislatore italiano, che aveva saputo cogliere le peculiarità della disciplina dei mercati agroalimentari incanalandola all’interno di percorsi virtuosi e produttivi, è totalmente silente.

Ebbene, se è vero che è impresa ardua trovare due ministri della stessa sensibilità e della stessa straordinaria cultura, lato sensu, di Mariano Rumor o di Emilio Colombo, è pur vero che qualsiasi governo non possa più esimersi dall’intervenire in un campo “abbandonato a se stesso”, a tutela di operatori in balia dei competitor irraggiungibili della grande distribuzione, con la quale è necessario fare sistema e creare sinergie, e della concorrenza sleale di paesi extraeuropei.

La c.d. “riforma Madia” della P.A ha probabilmente creato maggiore confusione nel settore, solo se si consideri che diverse amministrazioni hanno avviato la dismissione delle quote di partecipazione alle società di gestione dei mercati all’ingrosso, senza comprendere realmente la portata dell’iniziativa.

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- IL FUTURO DEI MERCATI ALL’INGROSSO.

Quale futuro, quindi, per i mercati agroalimentari all’ingrosso?

Il rilancio dei mercati passa necessariamente dalla riforma di una normativa del tutto obsoleta.

Il modello da perseguire dovrebbe andare nella direzione della revisione dei modelli di gestione dei mercati, che passi dalla netta separazione di ruoli fra soggetti pubblici, cui dovrebbero competere soltanto funzioni di controllo, ed il soggetto di diritto privato, cui dovrebbe essere riservata l’organizzazione dei servizi secondo modelli imprenditoriali improntati all’efficienza ed all’innovazione.

Tocca al legislatore disciplinare adeguatamente la materia, con una attenzione particolare ad aspetti cruciali: logistica e trasporto dei prodotti, digitalizzazione e modernizzazione delle procedure, tutela dalle pratiche sleali nella filiera, valorizzazione delle specificità e della territorialità dei prodotti, sostenibilità delle attività.

Solo con una adeguata propulsione legislativa ed una revisione normativa è possibile ridare forza ad una attività che il nostro ordinamento qualifica come di pubblico interesse, riuscendo ad individuare aree di scambio più ampie e proiettando il sistema mercato all’interno di dinamiche di commercializzazione più globalizzate.

Il quadro normativo attuale dei Mercati agro-alimentari, che emerge dall’esame della normativa statale, nonché dalle lacune legislative esistenti nel raccordo con le discipline regionali, presenta evidenti “criticità” che potrebbero essere “attutite”, se non superate, da un’univoca direzione cui le strutture mercatali devono essere protese.

Parrebbe doveroso, in ogni sede istituzionale, essere promotori di iniziative tese a “condurre” il legislatore, dopo oltre 60 anni di sostanziale “impasse”, ad occuparsi di una materia dimenticata, che è quella che disciplina il funzionamento dei Mercati all’ingrosso.

Urge, oggi più che mai, una riforma che consenta di superare una normativa del tutto obsoleta, ancorata ad una realtà superata ormai da decenni, e che permetta ai Mercati di tornare ad essere il motore pulsante del commercio all’ingrosso dei prodotti agro-alimentari.

Occorre, quanto più possibile, che si faccia da collante tra le variegate realtà che caratterizzano tutto il territorio nazionale, al fine di portare a casa risultati concreti.

Tale esigenza è ancor più evidente nell’ambito di una regione a statuto speciale come la Sicilia, nella quale il legislatore non è mai intervenuto al fine di regolamentare un’attività di pubblico interesse che merita certamente maggiori attenzioni, giustificate ancor più dal fatto che il commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia regionale.

Da quanto detto, risulta lapalissiano il mancato intervento dei legislatori locali, si faccia l’esempio della Regione Siciliana, in materia di mercati all’ingrosso, sol se si consideri che l’Amministrazione si è limitata, sostanzialmente, ad applicare il dato normativo nazionale in luogo di prevedere una propria disciplina sui mercati all’ingrosso siti nel territorio siciliano, anche se tale dato “non incide minimamente sulla competenza in materia che è frutto di una scelta del legislatore nazionale in attuazione di una precisa legge delega” (si veda sempre C.G.A. n. 120/2020).

Sul punto, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, esaminando lo sviluppo normativo in materia di mercati all’ingrosso, ha recentemente avuto modo di chiarire che “la complessiva evoluzione legislativa indica la precisa volontà di attribuire alle regioni ed agli enti locali l’insieme delle competenze relative alla gestione dei mercati all’ingrosso” (cfr. C.G.A. n. 120/2020).

Occorrono sinergie tra enti locali, legislatore regionale e legislatore nazionale.

Ci auguriamo, pertanto, che le istituzioni intervengano senza alcun indugio, per salvaguardare un patrimonio dell’economia del nostro paese che rischia concretamente di scomparire.

Avv. Giovanni Francesco Fidone