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Paolo De Castro
, Coordinatore S&D della Commissione Agricoltura al Parlamento  europeo

I mercati agroalimentari all’ingrosso in Europa rappresentano ancora il cuore pulsante di molte transazioni commerciali e distributive di prodotti, soprattutto freschi, come ortofrutta, carni, prodotti ittici.

In Italia il canale tradizionale rappresenta ancora il 37%, in Francia il 31%, in Spagna il 28%, in Gran Bretagna il 15% e in Germania l’11%.

Ma a fronte di un sistema europeo all’avanguardia, che registra la presenza di poche maxi-strutture (come il centro agroalimentare di Rungis, alle porte di Parigi, che da solo fattura quasi 9 miliardi l’anno, grazie anche alla partecipazione di importanti soggetti privati che investono sulla loro crescita e innovazione), il nostro Paese conta ancora oltre 140 mercati, di cui il 70% di piccole dimensioni e a gestione diretta comunale che stentano a tenere il passo con i tempi e l’evoluzione del commercio.

La stessa normativa di settore è ormai vecchia e superata: la legge nazionale è ancora quella del 1959, mentre le regioni (non tutte) che hanno legiferato in questa materia si sono fermate a molti anni addietro.

E’ chiaro che spetta al legislatore nazionale d'intesa con le Regioni disciplinare la materia in modo adeguato e in funzione di un  commercio internazionale sempre più globalizzato.  Il che significa rivolgere un’attenzione particolare ad aspetti cruciali, quali logistica e trasporto, digitalizzazione e adeguamento delle procedure, a tutela e prevenzione di pratiche commerciali sleali che ancora oggi si perpetuano in diverse aree del territorio, a scapito soprattutto degli agricoltori e della salute dei consumatori.

E, per quanto riguarda le forme di gestione, tendendo a separare i ruoli dei soggetti pubblici, ai quali andrebbe affidata una funzione di controllo e di indirizzo , da quello dei privati che dovrebbero gestire direttamente i servizi con criteri imprenditoriali improntati a efficienza e innovazione.

Il Parlamento europeo, dal canto suo, ha approvato quest’anno una importante direttiva contro le pratiche commerciali sleali, che potrà aiutare anche il sistema italiano dei mercati e dei centri agroalimentari all’ingrosso a crescere in termini dimensionali e di efficienza. La direttiva, di cui ho l’onore di essere stato capo negoziatore e relatore, è entrata in vigore il 30 aprile scorso dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue. E a partire da quella data gli Stati membri hanno due anni di tempo per recepirla con una legge nazionale. Il provvedimento, che era in gestazione da anni, è finalizzato soprattutto a contrastare pratiche sleali (ne sono state individuate 16), come ritardati pagamenti della merce consegnata, modifiche unilaterali e retroattive dei contratti di fornitura, imposizione di pagamenti per servizi o pubblicità non richiesta; pratiche vietate, ma purtroppo adottate soprattutto da grandi centrali d’acquisto e catene della Grande distribuzione nei confronti dei fornitori: agricoltori e aziende di prima trasformazione che rappresentano gli anelli più deboli della catena del valore.

La direttiva, con la legge di recepimento nazionale che mi auguro possa vedere la luce quanto prima in Italia, non potrà che contribuire a rafforzare il ruolo dei mercati all’ingrosso, facendo leva anche sul costituendo Osservatorio 4.0 che trovo di grande interesse per l'avvio di un processo riformatore nel nostro paese.

Tutto questo all’insegna della trasparenza e di una corretta crescita di tutti gli operatori delle filiere agroalimentari.