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Direttore Generale CAAR di Rimini – Segretario Amministrativo ANDMI

 

DAI PIANI DI RAZIONALIZZAZIONE DELLE PARTECIPATE AL “RECESSO” DEL SOCIO PUBBLICO

La Legge Madia  dal settembre 2016  si pone l’obiettivo di migliorare la gestione delle partecipate pubbliche e di ridurre la spesa pubblica.  I primi adempimenti li pone a carico degli enti pubblici soci delle partecipate (Comuni, CCIAA, Province, Regioni, ecc.) che devono redigere i  cosiddetti Piani di razionalizzazione. Infatti tali società non possono avere per oggetto attività di produzione di beni e servizi se non strettamente necessarie agli enti pubblici stessi, per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali ; prevedendo innanzitutto misure per il contenimento delle spese, per la razionalizzazione della gestione, contenimento delle spese del personale e delle spese di funzionamento, l’obbligo di dotare la società di programmi per la valutazione del rischio di crisi di impresa, stabilire modalità precise per gli organi amministrativi, misure per il controllo ed il monitoraggio , ed infine prevedere la “possibilità” anche di alienare tali partecipazioni pubbliche.

Attraverso i piani di razionalizzazione si chiede ai soci enti pubblici se queste partecipate servono davvero e se vi sono buone ragioni per continuare a sostenerle e, nel caso non rispondessero più ai fini istituzionali degli Enti pubblici soci, di uscire dalla compagine sociale.

Il primo aspetto che emerge è quindi la possibilità di rompere il patto contrattuale che molto probabilmente aveva originato la costituzione della società stessa in quanto la maggior parte di tali società sono a maggioranza di capitale pubblico, proprio a sottolineare che -  almeno alle origini -  erano state fortemente volute dal Pubblico che aveva affidato loro la gestione di servizi importanti ed utili per la collettività.

Ma se un socio pubblico ha diritto (per Legge ) di recedere, tutti gli altri soci (anch’essi pubblici) saranno costretti a subire un danno a causa di tale uscita ! Si creano così tensioni tra gli stessi soci  (che magari erano stati i soci fondatori, o ispiratori  . . .) e che adesso devono difendersi da sia pur legittimi diritti altrui ! Si origina così una sorta di competizione tra soci pubblici (cosa molto disdicevole . . .) e ciascuno inizia a fare la sua corsa per arrivare primo, cioè prima che le già scarse risorse finanziare siano già state prosciugate!

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A questo punta infatti scatta il panico perché nel caso in cui nessuno prenda il posto del socio pubblico che ha cercato di cedere le proprie azioni, l’istituto del “recesso” viene in aiuto per risolvere un caso che stava per diventare complicato. Il socio potrà rivolgersi direttamente alla società partecipata e richiedere il controvalore delle proprie azioni . Sembra di essere nel Paese delle meraviglie ! si stenta a credere a una cosa del genere, ma è tutto vero!

Ora inizia il dramma per la società e la sua gestione . Ipotizziamo tre situazioni:

  • La società ha le risorse finanziarie disponibili e liquiderà (rimborserà) il socio recedente;
  • La società non dispone delle risorse finanziarie richieste, e tenterà alcune strade :
    1. andrà in Banca a richiedere un prestito per “rimborsare un Socio pubblico” che vuole uscire . . . . Sembra di sognare ! difficilmente un istituto di credito potrà finanziare una operazione del genere;
    2. si rivolgerà agli altri soci : ma se questi avessero avuto intenzione di subentrare avrebbero già acquistato loro stessi le azioni in vendita . . .
  • Più facile immaginare che se non ci sono disponibilità liquide, resta solo la messa in liquidazione della società . . .così da ottenere quanto serve per rimborsare il socio.

Che brutta fine ! 

Forse in questa maniera la società finirà male, inizierà ad agonizzare e forse non si tirerà più su . Unica destinazione la vendita (magari ad un privato) per due soldi, visto che questa assurda agonia in cui l’ha costretta questa strana Legge,  porterà inevitabilmente a questo scempio  . .  si parla pur sempre di patrimonio e di risorse PUBBLICHE!

 

I SERVIZI DELLE PARTECIPATE -  NON SONO SOLO SOCIETA’  . . .

Fin qui abbiamo parlato di Legge Madia , di razionalizzazione di società partecipate, di soci pubblici che recedono, di inevitabile dissesto delle società  partecipate :  ma neanche una parola la Legge Madia riserva alle attività delle partecipate. Nessuno si è chiesto che cosa fanno queste società partecipate, se cioè svolgono un servizio o una qualche funzione di utilità e di interesse per il territorio, per le imprese e gli operatori che usufruiscono di tali servizi pubblici, o come oggi recita la Madia, di servizi di interesse generale ! Tutto questo passa in secondo piano !

La Madia offre ai soci pubblici la discrezionalità di uscire dalla compagine sociale laddove l’attività (quindi il servizio svolto dalla società partecipata) non sia più coerente con gli obiettivi e le finalità istituzionali del socio stesso.

Quindi non si ragiona più nei termini che le società partecipate sono lo strumento per la gestione di un servizio pubblico. Se così fosse basterebbe analizzare :

  • quelle che vanno bene o quelle che portano utilità al sistema e per questo mantenerle in vita e anzi sostenerle ancora di più !
  • mentre tagliare o razionalizzare solo quelle società che invece non dovessero generare alcuna utilità oppure che dovessero creare solo disseti economici e finanziari.  

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La legge Madia è del settembre 2016 : a dicembre 2017 il Ministero delle Finanze ha pubblicato una nota in cui dichiarava che tramite questa Legge c’era già un terzo delle imprese pubbliche (circa 3.500 su oltre 10.000 in Italia) interessate da una pratica di “recesso” da parte di almeno un socio pubblico. Ha colpito subito nel segno ! Ma il rischio di perdere servizi importanti  è reale !

La Madia ha un solo obiettivo : quello di tagliare drasticamente il numero delle società pubbliche partecipate, ritenute una delle fonti del dissesto  finanziario del Paese e del debito pubblico. A nulla vale svolgere una funzione pubblica o un servizio  pubblico e di interesse generale . Non si entra più nel merito : si decide con un metodo “imposto dall’alto” di tagliare via tutto. E chissenefrega del lavoro, delle persone, dei servizi pubblici, dell’utilità generale, ecc. ecc.  Povera Italia ! siamo messi veramente male !

 

PERCHE DISTRUGGERE?   MEGLIO VENDERE!

Quindi il terminale ultimo di questa Legge sarà la mesa in liquidazione di tante società. Il metodo sopra descritto e scelto dalla Madia , porterà -  molto probabilmente -  a situazioni di dissesto in pochi anni . Ma così facendo si arriverà alla vendita  (all’asta  . . magari dopo un fallimento . . .) in condizioni disastrose ! Così chi farà l’acquisto,  farà anche l’affare : quel poco che resterà sarà portato via con due soldi,  preda solo di avvoltoi e speculatori privati.

Ma se proprio dobbiamo buttare alle ortiche le partecipate , perché allora  non provare fin da ora a venderle “al meglio” per realizzare un valore economico adeguato a remunerare i soci (pubblici)  TUTTI I SOCI PUBBLICI e non solo quello che arriva primo  ?

Perché non cercare di ottenere il massimo dalla vendita di questa realtà che adesso sono ancora in forza e non sono ancora allo stremo  come invece le ridurrà il suo (scellerato) metodo ?

Negli ultimi tempi si fa anche un gran parlare di passare molti di questi servizi (gestiti dalle partecipate) a delle realtà imprenditoriali private. Forse è il momento giusto per trasferire ai privati le realtà che portano ancora vera utilità al territorio e alle sue imprese !  Un valore che è di tutti !  Prima di buttare via il bambino e l’acqua sporca. . . forse è arrivato il momento di aprire questa riflessione se non vogliamo perdere (dopo i servizi) anche il patrimonio ed i  valori di queste società  partecipate che , va ricordato, assieme al lavoro e agli uomini che le hanno servite,  sono ancora un importante pezzo del nostro PATRIMONIO PUBBLICO !

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