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“il Comune di Roma decide di dismettere la sua partecipazione 
nel Car (Centro Agroalimentare Roma)”
a cura di MAURO OTTAVIANO

L’art. 1 comma 611 della legge di stabilità per l’anno 2015 contiene la disciplina del “Piano di razionalizzazione delle società partecipate locali”.
Pertanto le regioni, le provincie, i comuni, le camere di commercio, le università, gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorità portuali a decorrere dal 1 gennaio 2015 hanno avviato un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni azionari direttamente o indirettamente possedute.
L’obiettivo sembra essere quello di procedere ad una riduzione delle società partecipate anche tenendo conto dei seguenti criteri:

 

  1. eliminazione di società non indispensabili;
  2. soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore ai dipendenti;
  3. eliminazione di partecipazioni in società con oggetto analogo o similare;
  4. aggregazione su scala più vasta per le società che svolgono servizi pubblici locali;
  5. contenimento dei costi di funzionamento. 

Vale la pena sottolineare che ad eccezione del secondo criterio tutti hanno un elevato contenuto soggettivo e, pertanto, la valutazione dei soggetti demandati a definirli ne risulta essere fondamentale.
A fronte delle suddette premesse nelle scorse settimane Roma Capitale ha assunto l’orientamento politico di cessare la partecipazione nel C.A.R. S.c.p.a. – il Centro Agroalimentare Roma, il più grande Centro di Italia e il terzo in Europa.
Anche se con elementi contraddittori quali quello di sottolineare che tale cessione dovrà avvenire a conclusione del processo di delocalizzazione del Centro Carni presso il Centro Agroalimentare Roma ma che comunque deve avvenire entro il 31 dicembre 2015.
La Capitale di Italia, sia pure in termini confusi e contraddittori, ha comunque deciso di privatizzare una struttura costruita sulla base di una legge nazionale (L. 41 del 1986) e con una funzione pubblica.
L’ANDMI (Associazione Nazionale dei Direttori dei Mercati all’Ingrosso) da tempo si è fatta promotrice di una proposta di modifica dell’attuale legislazione sui mercati e da tempo sottolinea l’esigenza di una profonda ristrutturazione e riorganizzazione, attraverso chiusure di mercati, fusioni, accordi e comunque ottimizzazioni.
Ma al tempo stesso, così come avviene nei più avanzati e moderni paesi europei come per esempio la Germania, la Francia, la Spagna e tanti altri, l’ANDMI ha sottolineato l’esigenza di mantenere una funzione pubblica del sistema dei mercati, riformandolo, unificandone la filiera tra mercati all’ingrosso e rionali, ridefinendone un ruolo sempre più volto ai servizi, alla logistica e alla distribuzione.
La funzione pubblica nel sistema è una garanzia per i cittadini tutti, non si tratta di mantenere in piedi “sovrastrutture” ma di organizzare un sistema moderno dove nel conciliare la libertà dell’impresa, la libera concorrenza, si salvaguardino regole e applicazione delle leggi la dove c’è l’interesse generale del cittadino, la sua salute e il suo diritto alla trasparenza dei prezzi e della qualità dei prodotti.
La scelta di Roma Capitale, avvenuta purtroppo nel preoccupante silenzio generale delle forze economiche e sindacali, del commercio e della produzione, fortunatamente al momento sembra essere unica nel panorama nazionale, questo ci fa ben sperare che forse ancora ci possa essere un ripensamento e, comunque, l’ANDMI nell’ambito delle sue possibilità e ad ogni livello chiederà, a cominciare dai prossimi incontri in sede ministeriale, di rivedere le scelte nell’ambito di un indirizzo nazionale come avviene in Europa e in altre parti del mondo.