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a cura di ROBERTO DELLA CASA
Università di Bologna

In questi giorni si sta consumando un dramma shakespeariano sul ruolo che il nostro Paese potrà svolgere nel panorama fieristico dell'ortofrutta a livello internazionale. Di fronte alla prorompente crescita di Fruit Attraction, tanto che si sta ormai contrapponendo a pieno titolo alla corazzata Fruit Logistica, ci si domanda se vi sia ancora uno spazio per una nostra manifestazione di respiro internazionale e il Presidente di Fruitimprese, Mario Salvi, ha rotto gli indugi decretando il nostro de profundis e ha suggerito di ricompattare il sistema ortofrutticolo nazionale nella partecipazione a questi due eventi di Fiera.

Quanto ha detto Salvi  certo venuto in mente a molti di quelli che erano a Madrid. Sono stato anch'io a Fruit Attraction e - fors'anche perchè ero mancato l'anno scorso - confesso che sono rimasto impressionato sia dal flusso dei visitatori che dal livello degli espositori. Da qui ad abbandonare l'idea di una fiera italiana dell'ortofrutta però ne passa e vorrei tentare di contribuire al dibattito con alcune riflessioni.

1. Prima di tutto occorre considerare lo scenario di mercato in cui ci stiamo muovendo. In realtà, Fruit Logistica - compresa la branch Asia Fruit Logistica - e Fruit Attraction sono sempre cresciute negli ultimi anni - e anche lo stesso Marckfrut li ha seguiti nell'ultima edizione - perchè la domanda di servizi fieristici nel settore  in aumento per effetto della globalizzazione; ciò obbliga a pensare sempre più ai mercati internazionali e sempre meno a quelli domestici, per cui le imprese stanno investendo di pi sulle fiere.
Questo  il primo dato di fatto: si compete in un mercato che cresce e non in un mercato in contrazione, fare bella figura  decisamente pi facile, poichè vi  spazio, anche se occorre fornire servizi di livello.

2. In secondo luogo occorre considerare quale  il  valore strategico di una fiera nell'assetto del mercato di un settore. Fortunatamente qui abbiamo due esempi lampanti proprio nel nostro Paese. il primo  il vino e il secondo  la moda. Malgrado i francesi siano leader mondiali su queste due aree di business. l'Italia contrappone due eventi fieristici di riferimento: il Vinitaly e le Settimane della moda. Guarda caso, l'Italia sta superando la Francia nel vino - no solo a quantità ma anche a qualità come testimoniano le  cantine Ferrari, miglior Metodo Classico al Mondo nel 2015 proprio davanti ai francesi - mentre le tendenze sulla moda le detta ormai pi Milano che Parigi, con tutti i vantaggi connessi in termini di possibilità di sfruttamento delle nostre istintività, tanto che l'artigianalità legata alla piccolo dimensione qui non  un problema ma un valore.

3. Infine, pensare da leader aiuta a diventare leader. Alla metà degli anni '90, con la nascita del marchio Zespri, criticai la decisione di importanti strutture produttive nazionali di realizzare kiwi per conto del colosso neozelandese. Il motivo non era certo legato alla buona remunerazione che ricevevano i produttori e che continuano tutt'ora a ricevere, poichè Zespri nel corso dell'ultimo decennio ha fatto diventare quest'esperienza di successo addirittura un caso di studio, ma perchè sarebbe stato opportuno che il primo Paese produttore al mondo di kiwi e con grande necessità di esportazione studiasse una propria strategia per dare risposte ai propri produttori, magari prendendo esempio dai neozelandesi, piuttosto che accontentarsi di una piccola opportunità. Dopo un decennio manteniamo il primato di quantità ma, senza leadership strategica, siamo ancora in ordine sparso sul mercato internazionale, mentre Zespri detta le regole.

Cari lettori, se condividete quanto ho scritto, credo che sarebbe opportuno riflettere accuratamente su quanto una nostra fiera di livello possa aiutare a far riacquistare al sistema ortofrutticolo italiano il ruolo che gli compete nello scenario internazionale. Non è un problema di spazi ma solo di visione e di organizzazione. Non è neppure un'idea nuova, l'avevo già palesata lo scorso anno, di nuovo vi è solo il rischio che dall'assurda competizione per fare pi eventi si passi alla pericolosa rassegnazione a non farne nessuno.